Arthur’s Seat

Un luogo leggendario sul tetto di Edimburgo

L’uomo si sente libero nella misura in cui può amare le cose e gli esseri da cui dipende: per esempio quando vive in ambiente a lui consono, quando esercita un mestiere che risponde alla propria vocazione interiore, etc. Viceversa, sperimenta una sensazione di coercizione e schiavitù quando è vincolato, per via delle necessità dell’esistenza, a funzioni o a persone che lo ripugnano. Così, quando rivendichiamo la nostra libertà non è l’indipendenza assoluta che domandiamo: è la facoltà di passare da una dipendenza che rifiutiamo a una dipendenza che ci attrae. La libertà non è altro che la capacità di scegliere tra due obbedienze”.                   

Gustave Thibon

Era la fine di agosto del 2019, tra i buoni propositi per il nuovo anno c’era quello di migliorare in modo serio la lingua inglese, vero traino nel mio lavoro. Così, dopo una serie di analisi su destinazioni e scuole di lingua la mia scelta è caduta su una scuola in Scozia.

Voi direte: in Scozia non si va a studiare l’inglese. Io l’ho fatto.

Il periodo scelto, causa lavoro, era orientato intorno al primo trimestre del 2020: un periodo di norma con un basso carico lavorativo.

Un viaggio recente, insomma. Questa volta, su guide di contastorie, non racconterò tutta un’esperienza di viaggio ma solo una delle giornate vissute. Di questi tempi, quelli del Covid-19, il famigerato coronavirus che ci sta trasformando, che ci sta rendendo troppo infelici, tristi e negativi, è necessario qualcosa che ci faccia evadere metaforicamente. Per questa ragione ho scelto di raccontarvi la mia escursione verso Arthur’s Seat a Edimburgo.

Inizio subito col dire che Arthur’s Seat (letteralmente “il posto a sedere di Arturo” e quindi il seggio di Artù) è la vetta più importante del gruppo di colline che un tempo erano un vulcano. Si trovano all’interno dell’Holyrood Park, che è il parco più grande della città. All’interno del parco è presente la residenza scozzese della Regina, il Palazzo Holyroodhouse che nel passato è stata tenuta reale di caccia sin dal XII secolo. Attorno a questo sito di interesse storico e naturalistico ci sono svariate leggende, una su tutte è quella che vuole Arthur’s Seat come sede della leggendaria Camelot.

Conquistare l’Arthur’s Seat non è difficile e ci sono diversi punti di partenza. Io sono arrivato a piedi dalla città vecchia e ho trovato un ingresso su St Leonard’s Ln, lasciandomi alle spalle la Holyrood distillery (che ahimé non ho provato). Da qui ho iniziato la mia salita su in cima. Il percorso è davvero a prova di principiante assoluto, anche se un minimo di preparazione atletica, considerata la pendenza, non guasta. Ogni metro conquistato su questo gigante del carbonifero (non così gigante in effetti visti i 251 mlsn) regala emozioni e sensazioni difficili da descrivere. Innanzitutto, dal punto di vista paesaggistico si ha la possibilità di vedere Edimburgo da diverse angolazioni. Io sono stato abbastanza fortunato per via delle condizioni meteorologiche, infatti nonostante il forte vento è stata una giornata soleggiata. Conquistata la prima cima, la sensazione è quella di appagamento: la vista ti riempie di una profondità che varca dei confini che in quei giorni non avevo ancora visto. La vera fortuna è stata trovare il cielo con una limpidezza e una nitidezza che mi hanno davvero permesso di cogliere quanta meraviglia ci fosse tutto attorno alla capitale scozzese. Da questa prima cima si prosegue il sentiero in salita per raggiungere la Arthur’s Seat, vera e propria cresta principale di questo monumento naturalistico. Il sentiero è molto frequentato, si possono incontrare diversi tipi di camminatori che arrivano da tutto il mondo. Quando incontri queste persone ti colpisce subito il loro volto, tutte hanno un’espressione di libertà e quella faccia ti fa capire di essere nel posto giusto al momento giusto, che ti fa evadere al di fuori di ogni pressione, stress o male di vivere.

Prima di arrivare sulla cima più alta ci si trova di fronte a una vallata verde convessa, che quel giorno era magicamente baciata dal sole e accarezzata dalle nuvole. Le persone stavano come i girasoli sul campo, smossi dal vento, ad attendere che i raggi tiepidi di un sole del nord donassero loro un po’ di calore, con un sorriso disteso ben stampato in faccia.

In cima il vento si placa per qualche istante, ti da il tempo di compiere un giro completo a 360° per prendere coscienza di quanta bellezza ci sia attorno. Si scorge chiaramente tutta la città vecchia, la collina del Castello, lo Scott Monument (che è il secondo monumento più grande del mondo dedicato a uno scrittore, con i suoi 61 m), il Firth of Forth (no, non sono riuscito a fotografarlo questo!) e il porto di Leith.

Dopo una decina di minuti di contemplazione proseguo la mia esplorazione in questo incredibile sistema naturalistico. Gli scenari sono davvero incredibili, le linee sono dolci e aspre in un contrasto costante che viene favorito dal continuo variare delle condizioni meteo. Si perché a un certo punto la situazione cambia, a Edimburgo è così: in una giornata puoi vedere le quattro stagioni, e non quelle di Vivaldi.

Dopo circa 45 minuti di cammino ritorno alla base del parco per imboccare poi un nuovo sentiero, passando da uno dei laghi presenti abitati da cigni, anatre e piccioni (loch, chiamateli così e non lake!). Il sentiero mi riporta direttamente verso le rovine della St. Anthony’s Chapel, ciò che rimane di un’antica cappella dalle ignote origini. L’unica data che si conosce è il 1426, quando il Papa concesse degli aiuti economici per il restauro della stessa. La vista è romantica, sembra di essere piombati in un viaggio di fine Ottocento in un luogo in mezzo al nulla. Di fatto, in questo caso, non è così: la cappella si affaccia direttamente alla piana sulla quale sorge il palazzo Holyroodhouse.

Il mio percorso da qui si chiude in discesa per rientrare alla mia base.

I sentieri che si possono scegliere sono diversi e vi segnalo questo sito (Arthurs seat self guided walks) nel quale trovare i 3 principali. Consiglio inoltre, nonostante la semplicità del percorso, di dotarsi di scarpe adatte alla camminata, scarpe da trekking sarebbe il top; talvolta, infatti, a causa della variabilità del meteo le superfici diventano scivolose e con una scarpa non adatta ci si troverebbe in difficoltà.

Valerio Deidda