Rovistando le tra le colline della Trexenta: le domus de janas di Pimentel

Colline verdi sino a maggio, rigogliose vigne da giugno in poi con cisto, ginepro e lentisco; e ancora querce, peri e distese di grano cappelli: questo è il paesaggio della Trexenta, ed è qui che rovisteremo oggi! 
Il nostro percorso parte da Cagliari con destinazione agro del paese di Pimentel.

Raggiungere questa sub regione storica del basso Campidano è molto semplice: si percorre la strada statale 131 e arrivati a Monastir si seguono le indicazioni per Senorbì strada statale 128. Giunti in Trexenta, raggiungiamo Pimentel per visitare due interessanti necropoli (Da Pimentel si prende la S.P. n. 34 che porta a Guasila).

Io, in questo territorio, ci sono nato e cresciuto. Il paesaggio è povero di boschi ma ricco di sole, di terra, di grano e di vite. In campagna, nessun angolo sfugge al sole cocente che già dalla seconda domenica di maggio picchia fortissimo. 

Chi come me è cresciuto in questo territorio conosce il paesaggio rurale che fa da contorno ai paesi, ne conosce il nome e ne conosce i limiti giuridici di confine. 

Ricorda ancora, attraverso i toponimi sopravvissuti, dove in passato sorgevano villaggi ormai scomparsi ma radicati nella memoria collettiva locale. 

Sioccu, Sebera, Nuraddei o Villadei1)Nelle fonti è citata anche come Dei, Dej, Dey, Ei., sono solo alcuni dei trecento2)Secondo le fonti, il nome Trexenta deriva proprio dal numero dei piccoli insediamenti della subregione.  villaggi medievali di cui oggi non resta nulla, se non ruderi sparsi e di difficile interpretazione. 

In questo contesto, in un lembo collinare di arenaria conosciuto come “pranu Efis”, a pochi km dal centro abitato di Pimentel, incastonate al confine con il paese di Ortacesus e quello di Guasila, insistono delle testimonianze che raccontano un tempo lontano, un tempo che oggi gli specialisti leggono attraverso la cultura materiale3)Espressione con la quale si indicano tutti gli aspetti visibili e concreti di una cultura, quali i manufatti urbani, gli utensili della vita quotidiana e delle attività produttive. Gli archeologi hanno fatto della c. uno specifico metodo di indagine che ha permesso di ricollocare gli oggetti d’arte e i fenomeni artistici all’interno di un omogeneo tessuto culturale. (da Enciclopedia Treccani) ritrovata nelle sepolture. 

Stiamo parlando di un complesso sepolcrale di domus de janas distinto in due differenti siti: il primo è Corongiu; il secondo, a pochi metri di distanza, S’Acqua Salida.

Necropoli, città dei morti, luoghi dell’eterno riposo, variamente datati al Neolitico finale e che ci hanno permesso di ricostruire una piccola parte della preistoria sarda. 

La necropoli di Corongiu, nonostante le continue violazioni e violenze subite nel tempo dai tombaroli è quella che mantiene una forte connotazione artistica. È formata da un pozzetto d’accesso, un’anticamera e una cella. 

Nella parete dell’anticamera, sopra la porta scavata per accedere alla cella, sono visibili delle interessanti decorazioni a incisione e ocra rossa. 

Spirali, cerchi, zig zag, forme geometriche triangolari, tutti elementi che rimandano a una simbologia diffusa in gran parte del mondo preistorico conosciuto: ad esempio a Malta, nel tempio Tarxien o nelle tombe a corridoio di Newgrange, in Irlanda. 

Il significato preciso e la reale volontà di rappresentazione della cultura che ha dato vita a queste decorazioni è difficile da stabilire. Le ipotesi sono tante e differenti e variano dall’accostamento alla raffigurazione del sole, al ciclo della vita, alla dea della nascita, della vita e della morte. 

Proseguendo lungo la carrareccia per cinque minuti si arriva a S’Acqua Salida. 

L’estensione di questa necropoli è decisamente maggiore rispetto a quella di Corongiu. Il tavolato di arenaria domina il paesaggio occupando la totalità della nostra vista e i fori delle aperture sepolcrali danno l’impressione di camminare sulla luna. Suggestioni di questo tipo si raggiungono al 100% durante una visita al tramonto!

La tipologia delle sepolture è quella a pozzetto, in alcuni casi con più camere, ma sono presenti anche sepolture con accesso tramite un corridoio. L’erosione dell’arenaria e la scarsa attenzione dell’uomo verso questo sito, ci permette di avere una visione completa di come sono realmente organizzate le camere delle sepolture. Al contempo, questa situazione ha favorito la perdita di decorazioni in ocra rossa sulle pareti delle quali è ancora presente qualche flebile traccia.

È complesso avere una visione completamente chiara di come vivessero le culture preistoriche in Sardegna. Le informazioni che abbiamo, però, ci permettono di definire alcuni aspetti che tracciano un profilo di non poco conto, soprattutto dal punto di vista della religione, dell’ingegno architettonico, del gusto artistico e del rispetto della vita anche dopo la morte. Di fatto, senza la presenza di documenti scritti e solo dalla lettura dei reperti, possiamo definire la cultura preistorica che ha realizzato le domus de janas di Pimentel come anche in numerose altre località sarde. Parliamo di una comunità dotata di numerose qualità: in primis quella dell’ingegno per realizzare sepolture scavate nella roccia attraverso strumenti da lavoro in pietra e legno; in secondo luogo per il gusto artistico nella realizzazione di simboli e decorazioni ben definiti e ricercati, anche se evidentemente il loro obiettivo primario non era quello, bensì rimandare a una sacralità e a un senso religioso denotato anche dal rispetto della vita dopo la morte, per cui si curava ogni aspetto attraverso il corredo funebre. 

In questo breve articolo ho voluto dare qualche informazione di cosa sia possibile vedere e di come si possa arrivare al sito. Cogliete l’occasione di scoprire questi due bellissimi complessi sabato 10 agosto durante Perseidi. In occasione della notte delle stelle cadenti faremo una bella passeggiata accompagnati da archeologa e guida turistica e accompagneremo il tutto con musica, buon cibo e vino.

Valerio Deidda

Consigli di lettura: 

  • Arte e religione della Sardegna prenuragica. Idoletti, ceramiche, oggetti d’ornamento di Giovanni Lilliu;
  • Preistoria. L’alba della mente umana di Colin Renfrew.

References   [ + ]

1. Nelle fonti è citata anche come Dei, Dej, Dey, Ei.
2. Secondo le fonti, il nome Trexenta deriva proprio dal numero dei piccoli insediamenti della subregione. 
3. Espressione con la quale si indicano tutti gli aspetti visibili e concreti di una cultura, quali i manufatti urbani, gli utensili della vita quotidiana e delle attività produttive. Gli archeologi hanno fatto della c. uno specifico metodo di indagine che ha permesso di ricollocare gli oggetti d’arte e i fenomeni artistici all’interno di un omogeneo tessuto culturale. (da Enciclopedia Treccani)