Rovistando tra strade, sapori e lingue di un’altra isola: Cipro (parte prima)

Questa settimana ho deciso di portarvi tutti con me in un viaggio, un’esperienza che mi riporta indietro di qualche anno. Ci spostiamo in un’altra isola, sul lato opposto del nostro mare. Andiamo a Est finché non raggiungiamo Cipro, terza isola più grande del Mediterraneo, prima forse per complessità e multiculturalità.

Cipro è un’isola. E come la maggior parte delle isole ti assorbe, ti rapisce. Ha un suo carattere, una sua eccentricità che dopo mesi che la vivi ed esperimenti continua a stupirti. Nonostante sia esattamente opposta alla Sardegna geograficamente parlando, ha aspetti che le rendono vicine.

Sono arrivata a Nicosia, la capitale, a gennaio 2013 e la prima cosa che ho appreso sono i nomi delle città, dei luoghi. Tre modi per chiamare lo stesso posto: Nicosia, Lefkosia, Lefkosa. Inglese, greco, turco. Tre culture vivono parallelamente lo stesso luogo, e in alcuni casi è difficile percepirne una faccia o l’altra, o scinderle tra di loro. Una realtà dalle tre facce: il richiamo al tempo del Commowealth; la realtà di un conflitto storico tra due potenze che non ha ancora trovato una reale fine; e poi le radici di un grande impero.

Sono arrivata a Cipro di notte e subito il giorno dopo ho deciso di andare a scoprire la città. Cuffie nelle orecchie, il mio appartamento era poco distante dal centro e in poco meno di 10 minuti ho raggiunto la parte più bella di Nicosia. Ho passeggiato in lungo e in largo perdendomi tra le stradine, i vicoli, tutti carichi di colori, di profumi di spezie e soprattutto shisha bar.

Raggiunta la via principale, Ledras street, la percorro con la leggerezza di un turista senza fare troppa attenzione a quello che mi succede attorno. Ecco quindi che mi ritrovo a notare un cambiamento quasi radicale nei negozi, nella via. Mi guardo attorno e le persone sfoderano un pezzetto di carta o lo ripongono nella borsa. Mi giro e mi rendo conto di aver superato la barriera, il confine che separa la città cipriota dalla città turca. Voi penserete “come si fa a non accorgersi di un blocco?!”. Ebbene, è possibile quando la tua idea di frontiera prevede una sbarra, militari pronti a fermarti e una strada bloccata. Anche in questo Nicosia si differenzia. Sui bordi della via dei casotti aspettano che le persone si avvicinino, consegnino il proprio documento di identità (non serve il passaporto) e in cambio ti compilano un visto con il timbro del giorno che dovrai poi esibire quando decidi di ritornare nella parte cipriota indipendente. Ma se non hai questo foglio allora sorgono i problemi. E io, come avrete già immaginato, il foglio non lo avevo, perché nessuno mi aveva fermato. Torno indietro sperando che, come sono passata inosservata all’andata, riesca a passare al rientro. Ma non ho questa fortuna, e un militare armato lascia la sua posizione al lato della via, mi ferma e dice qualcosa. Credo di capire qualcosa come “deve esibire il visto” o forse “vada a mostrare il visto”. Io sudo e nel mio inglese allora poco forbito cerco di dire che non ho nessun visto, che nessuno mi ha fermato e che sto arrivando dalla parte della Repubblica di Cipro. Questo mi guarda con l’espressione di chi si sta chiedendo “ma questa è scema?”. Chissà se davvero se lo sia chiesto e se si riferisse al fatto che fosse impossibile quello che stavo dicendo e che lui mica poteva crederci a una storia del genere, o se pensasse “guarda un’altra disattenta e disinformata”. Insomma, io in quel momento invece pensavo solo che dalla parte turca non avrei saputo come risolvere la situazione. Soprattutto dopo aver letto prima di partire frasi come questa: “La Repubblica di Cipro è l’unica entità statuale riconosciuta. La cosiddetta “Repubblica turca di Cipro del Nord” non è invece riconosciuta dalla Comunità Internazionale, inclusa l’Italia, che pertanto non dispone sul posto di nessuna rappresentanza.” Allora, sfodero tutto il mio disagio e gli vomito addosso parole e informazioni: sono arrivata ieri, sono tirocinante in un istituto internazionale, perché non mi avete fermato quando sono passata, ho il documento di identità, sono italiana. Mi è sembrato fosse passato almeno un quarto d’ora quando questo mi guarda di nuovo, si sposta e mi fa segno di passare. Cerca di dire qualcosa, forse ci ripensa, indica solo un ultimo casotto sul lato sinistro della via, in cui mostrerò la carta di identità e tornerò alla sola Nicosia riconosciuta dalla comunità internazionale. Non male come primo giorno.

La sera incontrerò un gruppo di ragazzi in Erasmus che, il giorno dopo, mi invitano a fare un giro per Nicosia. Insieme passeremo nuovamente la frontiera, stavolta fermandoci al casotto, mostrando il documento di identità e ricevendo un visto che poi mostreremo al rientro.

In 10 mesi trascorsi a Cipro, ho attraversato tante volte la green zone, la linea verde, in cui a comandare è l’ONU, terra in cui nessuno può più vivere, in cui a transitare sono i soli militari e gli autorizzati. Ma non è corretto chiamarla terra di nessuno. Perché in molti in quel cuscinetto che separa la Repubblica di Cipro dalla Repubblica di Cipro Nord (o Cipro turca o Cipro occupata) hanno vissuto, sono cresciuti, hanno lasciato le loro case e i loro ricordi. E ancora li bramano.

Dopo aver superato lo shock iniziale e la diffidenza verso una zona riconosciuta solo dalla Turchia, ho vissuto la parte Nord quanto la parte Sud. Ho collezionato timbri per passare più dei bollini al supermercato e mi sembrava ogni volta più macchinoso, più insensato in un certo senso, dover avere un timbro per percorrere una via dritta per andare al mercato per esempio a comprare il tè. Ho vissuto quella città e ho preso il meglio dalle sue due facce. A Lefkosa compravo spezie, erbe, infusi, spesso verdure. Ricordo che la prima volta che sono rientrata a casa per le vacanze della Pasqua ortodossa ho caricato una valigia con quasi 3 kg di spezie. Mai trovate così buone. A Lefkosa andavo spesso anche in un ristorantino di pesce buonissimo o in piazza a bere il tè.

A Lefkosia invece amavo in particolare due posti in cui mangiare: il ristorante libanese e uno di cucina armena. E poi il gyros. Almeno due volte a settimana andavo poi con qualche amico o amica a bere qualcosa e fumare shisha. Era diventato un po’ il sostituto dell’aperitivo italiano. Ma il posto che ho amato di più è una caffetteria, Yfantourgeio, costruita dentro una fabbrica e che aveva una bellissima libreria, tavoli da biliardo, tavolini per giocare a scacchi. Potevi andare lì a studiare, leggere o per passare una serata diversa con gli amici. È lì che ho cominciato a giocare a tavli e me ne sono innamorata, accompagnato poi al frappé di caffè trasformava la mia giornata. Vedevo sempre i signori sul lato del centro storico sfidarsi a quel gioco e passarci ore.

Con questo contributo avevo il piacere di raccontare un luogo a me molto caro attraverso la mia esperienza e le mie sensazioni. Di luoghi da visitare a Nicosia ce ne sono tanti e sono uno più bello dell’altro. Di sicuro anche solo scoprire la città attraverso una passeggiata o i sapori è qualcosa da fare nella vita.

È già in programma una seconda parte di questo articolo in cui racconterò l’isola, altre città, altri luoghi di Cipro e altri aspetti. Se volete scoprirli con me, continuate a seguirci!

Approfondimenti:

  • Il nome Nicosia non è di derivazione inglese bensì francese. La città, prima nota con il nome Ledra, viene così chiamata a partire dal 1192, quando diviene sede dei re della casata dei Lusignano.
  • La storia che lega Cipro al regno britannico comincia nel 1878. Diviene ufficialmente parte del Commonwealth nel 1914 per poi divenire indipendente (e quindi non parte della Grecia) nel 1959.
  • Il 1974 è una data che tutti i ciproti ricordano. È l’anno in cui un colpo di stato da parte della minoranza greca porta la Turchia ad agire militarmente e a occupare una parte dell’isola, autoproclamatasi poi Repubblica di Cipro Nord. Questa repubblica è riconosciuta solo dalla Turchia ed è anche uno dei motivi che non consentono al momento alla Turchia di diventare parte della comunità europea (Cipro invece ne fa parte). Nel 2004, proprio in vista dell’entrata nell’UE dell’isola si è tenuto un referendum in cui ai cittadini di entrambe le parti è stato chiesto se volessero riunificare l’isola. La maggioranza dei turco-ciprioti ha votato a favore, mentre più del 70% dei cittadini della Cipro indipendente ha votato contro.
  • Molti degli abitanti della Repubblica di Cipro (quella che parla il greco per intenderci) non attraversa la frontiera e non visita la parte occupata (è così che è chiamata). È una sorta di protesta storica, di cui nessuno però parla. Non vogliono attraversare l’isola dovendo mostrare un documento per ricevere in cambio un visto. Torneranno a visitare l’altra zona nel momento in cui saranno liberi di farlo senza permessi. Altri, invece, cercano di mantenere i ponti, di costruirne di nuovi tra una parte e l’altra.

Isabella Atzeni