Valle dei Cavalieri

Le righe che seguono sono frutto di un’esperienza di lavoro fatta nell’aprile 2019 grazie al progetto regionale “Maistu Torra” finanziato da fondi europei e realizzato dall’Ifold. L’esperienza si è svolta nei piccoli borghi che stanno subendo un forte spopolamento nell’Appenino tosco-emiliano ed era tesa allo scambio di esperienze legate alle tematiche del turismo sostenibile e responsabile.

Il racconto della mia work experience – capitolo I

Non so se voi abbiate mai riflettuto sul significato reale di alcune parole. Troppo spesso ci fermiamo alla superficie del vocabolo, senza entrare in profondità per capirne il vero significato. Pensate ad esempio alla parola “lasciare”, oppure “abitare” o ancora “vivere”. Senza dubbio, nel parlato quotidiano viene data spesso un’accezione negativa al termine lasciare: “sono stato lasciato”, “ho lasciato quel lavoro”, “lascia stare quello!”.

Vivere e abitare, invece, io li vedo come concetti davvero profondi ai quali non riusciamo ancora a dare un giusto valore e un giusto peso.

Io ho lasciato da una settimana l’Emilia e l’Emilia, però, ha lasciato qualcosa a me di cui farò tesoro per tutta la vita. L’ho abitata e l’ho vissuta. Troppo poco, è vero, ma l’ho vissuta il tempo necessario per capire alcune cose che vorrei raccontarvi.

1000 metri, 975 per essere precisi. Strade strette e tornanti, paesi fantasma, boschi, frane e torrenti che segnano il paesaggio. Lo solcano come la sgorbia di un abile falegname.

L’Appennino, un monumento naturale che si impone nel collo dello stivale tra l’Emilia e la Toscana. Questi i tratti essenziali dell’arrivo a Succiso nuovo. I primi istanti in questo luogo non hanno un sapore diverso dallo scenario che già conosco. I luoghi, quelli della montagna, sono diapositive già viste in Sardegna. La cifra che identifica il luogo, almeno in questa circostanza, è data dalle persone. Gli abitanti sono pochi, davvero però. Qui da anni si lotta per combattere lo spopolamento: è una resistenza nei luoghi della resistenza. Non ci provano, lo fanno. Le azioni sono concrete e tangibili, e la comunità esiste nel senso più stretto del suo termine. A Succiso Nuovo la cooperativa “Valle dei Cavalieri” si occupa di tenere in vita il paese, di dare un futuro ai bambini e di custodire la memoria del luogo. Il paese, a sua volta, contribuisce a far funzionare la cooperativa. Sono qui da due giorni e le prime parole che mi vengono in mente per descrivere cosa ho visto è responsabilità, sociale. La responsabilità che sente la cooperativa per il paese, dando un servizio e creando valore, per tutti.

Come lo fa? Con un agriturismo, una bottega, un bar e un’azienda agricola.

La giornata, nell’agriturismo, inizia molto presto.

Alle 7 Emiliano è già all’opera, lui è una icona della cooperativa. Qual è il suo ruolo? Non so ancora definire quale sia ma se ci fosse ancora la resistenza, lui sarebbe uno dei capi. Con farine locali impasta pane e focacce che saranno venduti nella piccola, ma fornita, bottega dell’agriturismo. Lo fa con passione e professionalità, osservarlo per me è qualcosa di davvero interessante visto che sono cresciuto osservando mio padre e mio fratello dare forma agli impasti per trasformarli in pani fragranti.

Emiliano è anche il cuoco dell’agriturismo. Le sue ricette sono un complesso connubio di tradizione locale e innovazione del gusto: i suoi antipasti lo dimostrano, i primi lo confermano e i secondi celebrano una filiera corta che va dal produttore al consumatore. I dolci, come dimenticare i dolci. Proprio il giorno che sono arrivato in struttura ho potuto assistere alla preparazione di alcuni dei dolci che poi sono stati serviti durante la cena: tanta magia di zucchero, creme e frutta.

I volti di questa realtà sono tanti.

C’è Albaro, uno dei soci storici della cooperativa. Lui si occupa di tante cose, come del resto anche gli altri: ogni socio ha il suo ruolo primario ma tutti contribuiscono in ogni attività.

Lui, Albaro, crea delle magie con il latte prodotto dalle pecore dell’azienda agricola. È un mago, nel caseificio si muove con destrezza e ogni azione sembra quella di uno sciamano: movimenti ripetuti e precisi dettati da un’aurea di serietà per dar vita a forme di pecorino e ricotta.

Nello stesso stabile incontro un’altra persona: Giovanni. Non è il suo vero nome, ma questo è poco importante. Il suo ruolo, la sua professione e le sue capacità permettono la riuscita di numerose attività della cooperativa: lui è il pastore.

Probabilmente non si ricorda il nome di tutte le pecore, se mai hanno un loro nome. Certo è che le sa riconoscere, sa come trattarle e sa quali sono i loro bisogni come esseri viventi.

C’è anche chi volontariamente, durante il week end, viene qui per dare una mano d’aiuto. Giacomo è uno di queste grandi persone! Lui nella vita fa tutt’altro, ha a che fare con delle cooperative non riconosciute ma che sanno come la cooperazione porti un risultato incredibile: le api. Produce dei mieli davvero interessanti con la sua piccola azienda agricola “Zia Ines“.

Il terzo giorno della mia esperienza in questo luogo è stato dedicato alla visita di un’altra realtà cooperativistica del territorio: il caseificio sociale del parco.

Nel 2000 un gruppo di produttori del crinale dell’Appennino Tosco Emiliano decide di dare una risposta alla crescente domanda di produzione del Parmigiano Reggiano di qualità e a costi di lavorazione sostenibili. Così, costituita la cooperativa, venne creata la nuova latteria che a oggi vanta 18 caldaie e può lavorare fino a 36 forme al giorno, mentre il magazzino offre fino a 16.000 posti forma. La visita del caseificio è stata un’esperienza davvero interessante dovuta principalmente al fatto che a raccontarla è stato il figlio dei primi casari, nonché fratello del nuovo e attuale casaro: Francesco. Lui è cresciuto insieme al caseificio, ne conosce ogni angolo e conosce ogni fase di produzione. Non solo, riesce anche a distinguere la stagionatura delle forme e ci dimostra come capire la qualità delle stesse. Insomma, è stato un piacevole viaggio in mezzo a migliaia di forme di parmigiano reggiano!

I giorni successivi li ho passati in giro insieme ad un collega che lavora come guida escursionistica: Filippo Asnaghi.

Filippo è una persona che potremmo definire dirompente, serena e pacata. Profondo conoscitore del territorio in tutte le sue forme: la natura, la botanica e soprattutto le specie animali non hanno segreti per lui. La sua incredibile passione viene trasmessa nel suo lavoro in maniera davvero semplice. Già dopo i primi minuti di scambio ho capito quanto passionale sia Filippo nel suo lavoro; il racconto delle tracce degli animali (principalmente quelle dei lupi, incredibili mammiferi presenti nel Parco), la storia della formazione delle valli e del sistema montuoso ma soprattutto lo scambio intellettuale, mi hanno permesso di vivere le ore passate insieme a lui in un modo totalmente soddisfacente. Insieme abbiamo incontrato i ragazzi dell’Ostello degli asinelli di Ligonghio: un’ora o poco più di condivisione di idee e di esperienze. L’ostello è presidio di Legambiente ed è gestito da alcuni intraprendenti ragazzi. Insieme ad Airin, una delle ragazze dell’ostello, abbiamo parlato del grande lavoro che viene fatto nella struttura ricettiva, dove vengono accolti viaggiatori da tutto il mondo e dove si svolgono numerose e fondamentali attività di educazione ambientale.

Insieme alla parte ricettiva, i ragazzi hanno messo in piedi un’azienda agricola che si occupa di accogliere asini e cavalli. Gli asini sono degli animali meravigliosi e riflessivi, sono sociali e socievoli e hanno una comunicazione empatica molto forte. Insieme a queste meravigliose creature, dotate di una enorme sensibilità, è possibile vivere un’esperienza di visita verso i sentieri dell’Appenino o negli antichi borghi che costituiscono e ne caratterizzano l’architettura del paesaggio e umana nel territorio.

Questa è solo parte della mia esperienza vissuta nell’Appenino tosco-emiliano, sintetizzare una esperienza di vita è sempre complesso e probabilmente riduttivo. Le emozioni degli incontri e degli scambi segnano le persone in modo netto per tutta la vita. Penso che non dimenticherò mai i giorni passati in quei luoghi carichi di storia, di socialità e di rapporti umani che si incontrano sempre più raramente.

Valerio Deidda